“Con amarezza ci tocca constare che il ‘Trattato del Quirinale’, imbastito con il presidente Macron con l’intento di rafforzare la cooperazione bilaterale tra Italia e Francia, si presenta in questo momento come un atto di subordinazione che Lei aveva il dovere di evitare all’Italia”. Così Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, in una lettera aperta al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, pubblicata da “Il Foglio”. “È palese infatti che l’europeista Macron si avvia a rinsaldare un asse franco-tedesco al quale l’Italia non può e non deve partecipare per interposta persona, come temiamo stia accadendo. Perché farlo significa, in buona sostanza, ammettere la nostra debolezza. Siamo estremamente preoccupati per quanto sta avvenendo a Bruxelles, dove gli alti funzionari europei e gli Stati membri, senza alcuna rappresentanza italiana presente, dibattono sulla nuova governance europea. E’ legittimo che il presidente francese voglia, da una parte, tracciare il futuro dell’Europa, facendo leva sulla intesa bilaterale con la Germania. Un po’ meno che da parte italiana gli si consenta di farlo servendosi anche della attuale oggettiva debolezza contrattuale Italiana. E gli elogi personali rivolti a Lei dal presidente Macron suonano certamente sentiti ma un po’ fuori luogo nel momento in cui altrove in Europa autorevoli tecnici francesi e tedeschi tracciano le linee della Europa prossima ventura, disegnando scenari carichi di significative implicazioni per l’economia e per la società italiana. Su che basi è stato possibile siglare il Trattato del Quirinale? Forse sarebbe stato più opportuno attendere un governo nella pienezza dei suoi poteri per affrontare temi di questo rilievo. E forse sarebbe opportuno che il governo francese così come il governo tedesco attendano un governo italiano nella pienezza dei suoi poteri per tracciare su un foglio bianco i caratteri della futura Europa. Forse questo e solo questo avrebbe dovuto essere il contenuto del Trattato del Quirinale. Ciò detto, Presidente, è fin troppo evidente che la debolezza italiana in ambito europeo non è solo la conseguenza del periodo pre-elettorale. Pesano sulla nostra autorevolezza e sulla nostra affidabilità quattro anni in cui si è pensato di poter sostenere il nostro anemico potenziale di crescita per lo più attraverso maggiori disavanzi pubblici. Non era la soluzione, come si vede chiaramente. Come non lo erano le tante regalie che hanno segnato il cammino del precedente governo e, purtroppo, anche del suo. Come non lo erano i tentativi di presentare come riforme strutturali misure dall’impatto limitato, legate essenzialmente a forme di sovvenzione”.
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