«Nella mia esperienza di amministratore ho vissuto la fase di gestione diretta del servizio idrico da parte dei Comuni e ben ne ricordo le difficoltà, con la Asl che andava a fare prelievi alle fontanelle e il giorno dopo eccoti nei guai per la presenza del solito batterio fecale. Poi è sopraggiunta la legge Galli, a inizio anni 2000, e io oggi francamente non mi sento di esprimere sugli effetti del nuovo modello di gestione che ha introdotto una valutazione completamente negativa».
«C’erano realtà che avevano poca acqua, ad esempio, e indubbiamente il lavoro fatto in questi anni per l’integrazione degli acquedotti ha portato benefici e una compensazione di acqua che era necessaria, guardando le cose in ottica di interezza. Stessa cosa per la depurazione, dove siamo andati verso una le complessiva regolamentazione rispetto alle moltissime problematiche presenti. C’è tanto ancora da lavorare, ma segnali positivi ci sono stati. E poi gli emungimenti, con interventi altrettanto importanti».
«Ecco, però poi è chiaro che, alla luce di questo, quando si leggono dati sugli acquedotti colabrodo e su una dispersione idrica che in Toscana è in media del 43 per cento beh: c’è da fare una riflessione. Se dopo 17 anni di questo modello di gestione i dati sono ancora questi e ancora si parla di sostituzione di tubazioni in ferro o eternit, capiamo che il lavoro da fare è ancora tanto. Il dato è pesante, e ricade nei costi in bolletta. Quello tariffario è un altro degli aspetti negativi, perché il confronto tra il costo dell’acqua del 2000 e del 2018 mostra ovunque aumenti sostanziali, dove più e dove meno».
«E allora, veniamo alla riflessione odierna. Oggi credo che i Comuni avrebbero difficoltà a riprendersi singolarmente il servizio idrico in gestione diretta. La soluzione io oggi non la so, ma so che un referendum mi indica la via dell’acqua pubblica, e quindi dinanzi a tale espressione mi pongo in questa posizione, consapevole che poi bisogna porsi il problema della liquidazione del soggetto privato, che non è secondaria. Sì ma con che sistema di gestione? Se penso a un contenitore grande quanto la Toscana, a un gestore unico, francamente io resto un po’ perplesso. Non penso che una simile struttura possa efficacemente gestire un servizio pubblico. Ebbene: io adesso auspico una discussione che coinvolga tutte le forze politiche, perché so che noi potremmo portare il nostro contributo e credo che una posizione da parte del Consiglio regionale, fatto salvo il lasciare la decisione ai sindaci proprietari degli acquedotti, sia comunque importante. Attendo dunque una proposta operativa, così da poter poi aprire su di essa un confronto più ampio».
Così il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale della Toscana Maurizio Marchetti nel suo intervento in aula sul futuro del servizio idrico toscano
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