Massa Carrara perde acqua: «Nel territorio provinciale si verifica una dispersione idrica del 52,75%, con maglia nera nel territorio del comune di Licciana Nardi dove si perde per la via il 58,64% dell’acqua emunta e podio del meno peggiore al comune di Bagnone che lascia al sottosuolo l’11,4% di patrimonio dal punto di immissione ai rubinetti. A questa perdita, che in totale nella rete gestita da Gaia Spa è del 46,84%, la stessa Gaia oppone livelli di investimento in manutenzione straordinaria che l’Autorità idrica toscana valuta come “inferiore ai livelli medi previsti di spesa annua” invitando a “gestione efficiente” nonché a “futuri investimenti” come compensazione». I dati li espone il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti che su questo ha condotto in proprio uno studio che elabora – aggregandoli per aree e per gestore per poi acquisire le valutazioni Ait sugli investimenti programmati sulle reti – i dati Istat dell’ultimo censimento acque per uso potabile, quello diffuso a fine dicembre 2017 su rilevazioni condotte nel 2015.
«Sono gli ultimi dati ufficiali disponibili – spiega Marchetti – e sono dati nazionali. Noi però abbiamo scorporato quelli della Toscana, comune per comune, e poi li abbiamo riaggregati in data set provinciali e per gestore. Da qui alle pianificazioni degli investimenti che condurranno in molti casi alla scadenza dell’affidamento, abbiamo incrociato con i piani di gestione e le valutazioni espresse dall’Autorità idrica. Perché mi sono messo a far di conto in questa maniera? Ma perché appunto l’affidamento del servizio idrico integrato corre verso le scadenze ed è doveroso aprire un ragionamento efficace sulla materia». Fin qui metodo e motivo, e il risultato generale è quello di cui sopra. Poi c’è il dettaglio che per l’area di Massa Carrara vede ad esempio i comuni maggiori perdere oltre la metà del proprio patrimonio idrico: Carrara il 58,07%, Massa il 50,3% e poi ancora tra i livelli di dispersione più alta ecco anche il 57,33% di Aulla, il 57,25% di Podenzana, il 52,76% di Villafranca in Lunigiana, il 52,14% di Pontremoli e il 51,9% di Fosdinovo.
Che fare? «A sinistra – riflette il Capogruppo di Forza Italia – sento parlare di ripubblicizzazione. Anche io mi colloco su questa posizione, non foss’altro che nel rispetto dell’esito del referendum con cui i cittadini hanno espresso questo tipo di volontà. Ma acqua pubblica può voler dire tante cose. Il modello di holding regionale prospettato dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi non ci convince: un nuovo carrozzone poco funzionale e che magari diventi parcheggio per qualche politicante dismesso noi non lo vogliamo. L’acqua è un bene delicato, una risorsa non infinita, e le reti hanno bisogno di interventi d’urto veloci per contrastare livelli di dispersione tanto elevati. Bisogna soppesare tutti i modelli di gestione che le normative mettono a disposizione per individuare tutti insieme quello migliore per la Toscana. Io ad esempio ho studiato un po’ il tipo di gestione che a Parigi si è rivelato efficace in termini di abbattimento tariffario e investimenti sulle reti. A livello comparativo, è un sistema che per le nostre normative potrebbe dirsi affine a quello dell’Agenzia speciale prevista dall’articolo 114 del Testo unico degli enti locali. Non sposo una tesi: fornisco uno spunto. Su materie come queste nessuno deve innamorarsi ideologicamente delle vie facili. Pensiamoci con serietà, informiamoci e poi la maggioranza ci dia una proposta su cui lavorare e riflettere. Noi qualcosa da dire l’avremo, ma la responsabilità è prima di chi governa».
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