Silvio Berlusconi, l’elezione dei presidenti del Parlamento è stata una sconfitta o un successo? Avete eletto un vostro esponente ma subito un veto di Di Maio.
«È stato un successo, per il Paese, per il centrodestra, per Forza Italia. Per il Paese perché, dopo elezioni laceranti che hanno creato uno scenario parlamentare e politico molto complesso e confuso, si è riusciti a mettere in sicurezza le massime cariche istituzionali con una larghissima convergenza parlamentare, e anche a eleggere per la prima volta nella storia una donna alla seconda carica dello Stato. Per il centrodestra perché ha dimostrato di saper ragionare da coalizione, coerentemente con il mandato degli elettori. Per Forza Italia per ovvie ragioni. Osservo che oggi, delle tre assemblee parlamentari che riguardano l’Italia — Camera, Senato e Parlamento europeo — due sono guidate da esponenti di Forza Italia che sono con me dal 1994, eletti con una larghissima convergenza. Dedico questa riflessione a chi ci dipinge come una forza politica debole o in difficoltà».
Sembra scricchiolare l’unità del centrodestra. Nel giro di 12 ore l’alleanza si è rotta e ricomposta, cosa è successo?
«È successo che tutti — io per primo — abbiamo sentito la necessità di tutelare un grande valore, l’unità del centrodestra, che ne fa la prima forza politica del Paese. È un impegno preso verso gli elettori. Del resto, ci siamo presentati con un programma comune che siamo tenuti reciprocamente a rispettare. Sarebbe incomprensibile se rompessimo un’alleanza per una questione non ricompresa nel patto elettorale».
L’indicazione della Casellati e il sacrificio della candidatura di Romani è avvenuta contro il parere dei suoi consiglieri storici.
«È una ricostruzione decisamente inesatta. Per tutelare l’unità della coalizione tutti devono essere pronti a fare dei sacrifici. Ma in questo caso nessun sacrificio personale, solo la riflessione comune sulla scelta più adeguata, anche per consenso parlamentare. Ho assunto questa decisione dopo una discussione approfondita con i miei consiglieri che ci ha portato a compiere tutti insieme la scelta. Questo è il metodo che uso sempre con le persone che mi sono più vicine. In coloro che mi sono accanto ho piena fiducia, ne conosco il valore, ascolto volentieri i loro consigli. Poi, naturalmente, tocca al leader prendere le decisioni definitive».
L’elezione dei presidenti delle due Camere può essere un viatico per la formazione del governo?
«Non prefigura nulla per quanto riguarda il governo ma certamente contribuisce a rasserenare l’atmosfera. Basta pensare al clima di crisi politica e istituzionale al quale si sarebbe arrivati se alla Camera si fosse determinata una situazione di stallo».
La Casellati dice che il metodo scelto potrebbe essere ripetuto per la formazione dell’esecutivo.
«Ha ragione nel senso che bisogna raccogliere una maggioranza parlamentare intorno a un programma e a un premier in grado di realizzarlo, senza pregiudizi di schieramento. Il centrodestra ha il diritto di guidarla come prima coalizione politica del Paese, ma ovviamente non dispone di una maggioranza parlamentare autosufficiente. Io rimango fedele ai patti: ho detto in campagna elettorale che la forza politica del centrodestra che avrebbe ottenuto più voti avrebbe avuto il diritto di indicare il premier. Salvini ha il diritto e il dovere di provare a formare un governo, per attuare i programmi che abbiamo proposto agli italiani. I cittadini attendono risposte sul lavoro, sulle tasse, sulle soglie di povertà, sull’emergenza criminalità. La classe dirigente deve dimostrare di aver capito la lezione».
Salvini punta alla riedizione del partito unico del centrodestra?
«Il partito unico non è nei nostri progetti, e neppure — che io sappia — in quelli di Salvini. Matteo è un leader pragmatico e intelligente: sa benissimo che il centrodestra non vince senza una forte componente moderata. Un partito unico escluderebbe necessariamente almeno una parte degli elettori che ci hanno votato perché alleati leali, ma distinti. Voglio essere più chiaro: il nostro futuro si chiama Forza Italia. Nei prossimi mesi e anni, proprio per la confusa situazione politica che si è determinata, vi sarà ancora più bisogno di una forza tranquilla, responsabile, coerente, in grado di influenzare gli indirizzi politici e di governo del Paese. Attueremo una profonda riorganizzazione del nostro movimento politico, e una nostra più capillare presenza sui territori, valorizzando i nostri amministratori, i nostri dirigenti migliori e più fedeli».
Si fida di Salvini?
«Non ho mai avuto motivo di non fidarmi. Mi ha sempre lealmente detto quello che intendeva fare. Quando non l’ho condiviso ne abbiamo discusso e abbiamo trovato insieme la soluzione migliore».
La Lega ha più a cuore l’ansia di governare o l’unità del centrodestra?
«La Lega sa che la possibilità di governare dipende proprio dall’unità del centrodestra. Se la coalizione si rompesse, oltre a essere tradito il mandato degli elettori, nessuno di noi avrebbe più titolo per rivendicare la guida del governo».
Una figura terza può risolvere il rebus del governo?
«Solo come extrema ratio. Sinceramente preferisco un governo guidato da chi ha vinto le elezioni. E con questo intendo il centrodestra, se unito. I Cinque Stelle hanno ottenuto un buon risultato, ma sono arrivati secondi».
Salvini e Di Maio possono governare insieme, da soli?
«Sarebbe un ircocervo, l’animale mitologico spesso citato dai filosofi antichi come esempio di assurdità, perché in esso convivono caratteri opposti e inconciliabili. E poi perché Salvini dovrebbe fare il socio di minoranza di un governo Cinque Stelle? Non credo che l’elettorato di centrodestra lo perdonerebbe. Ma si tratta di ipotesi del tutto teoriche, con il leader della Lega e con Giorgia Meloni abbiamo accordi chiarissimi: è il centrodestra unito che lavorerà per una soluzione della crisi e per assicurare un buon governo all’Italia».
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