“Gli ultimi dati sull’andamento del mercato del lavoro pubblicati dall’Istat non rispecchiano, purtroppo, lo stato occupazionale dei lavoratori oggi in Italia. Ci sono, infatti, altri numeri ai quali bisogna guardare per capire come il mercato del lavoro sia ancora crisi nera”.
Lo scrive su Facebook Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
“Tra questi, un recente studio della CGIA di Mestre mostra come, nonostante l’aumento del numero di occupati, quello delle ore lavorate sia sceso di -1,1 miliardi (-5%) dal 2008. Non stupisce, quindi, che i dipendenti a tempo pieno si siano ridotti dall’86% del 2008 all’81% del 2016, mentre i lavoratori part-time, nello stesso periodo di tempo, sono saliti dal 14% al 19%. In sintesi, ogni occupato ha lavorato, in media, meno di prima.
Riprova di ciò è il crollo della produttività del fattore lavoro, scesa del -3,1% nel settore dei servizi e di ben il -7,1% in quello delle costruzioni. La riduzione delle ore lavorate, poi, ha provocato una drammatica contrazione della retribuzione media per occupato, che è diminuita del -3,4%, al netto dell’inflazione. I lavoratori italiani, quindi, sono mediamente più poveri di prima. La contrazione delle retribuzioni ha provocato, come ovvio, una riduzione dei consumi delle famiglie, che si è riflessa negativamente sul Pil. Infine, bisogna considerare che l’Istat ha certificato che ormai il lavoro è solo precario, dal momento che in oltre otto casi su dieci un contratto è a termine.
Al presidente del consiglio Gentiloni e al suo ministro dell’Economia Padoan, che parlano tanto di un ritorno dell’occupazione ai livelli pre-crisi, vogliamo solo ricordare che l’ultimo governo Berlusconi ha lasciato in eredità un tasso di disoccupazione pari all’8,7% (29,3% quella giovanile) ben al di sotto di quella che ha lasciato in eredità il governo Renzi, pari al 12% (40,1% quella giovanile) e molto più bassa di quella attuale (10,9%) e un numero di italiani in condizioni di povertà assoluta al di sotto dei 3,5 milioni, di gran lunga inferiore a quelli attuali (4,75 milioni). Risultati raggiunti mantenendo il debito pubblico sotto i 2.000 miliardi di euro, mentre con il governo Gentiloni questo ha raggiunto il record storico di 2.281 miliardi, per finanziare tutte costose misure che non hanno prodotto risultati”.
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