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Discorso del Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani al Consiglio Europeo

  1. Brexit

Voglio congratularmi con il negoziatore Michel Barnier per l’eccellente lavoro svolto ed esprimere la soddisfazione del Parlamento per l’unità di cui abbiamo dato prova.

Nella risoluzione adottata, il Parlamento ha preso atto che sono stati compiuti progressi sufficienti per passare alla seconda fase. Ora occorre essere vigili sui passi successivi.

Alla luce delle dichiarazioni giunte da oltre Manica lo scorso fine settimana, è bene ribadire che il rapporto congiunto è un documento vincolante, non un escamotage per poter passare alla seconda fase. Non vi potrà essere discussione sulle relazioni future se non si applicherà alla lettera quando abbiamo concordato nell’Accordo di uscita.

Avere raggiunto “progressi sufficienti” non significa aver risolto tutti i problemi. Abbiamo davanti ancora molto lavoro. Il Parlamento sarà attento, in particolare, alla reale salvaguardia dei diritti dei cittadini e alla procedura che verrà istituita per garantire il loro status speciale.

Mi rallegro anche del fatto che il governo britannico abbia accettato di onorare gli impegni finanziari sottoscritti. Non ne ho mai dubitato. Sulla questione della frontiera irlandese, i problemi dell’Irlanda sono i problemi di tutta l’Unione.

Il Regno Unito deve abbandonare ogni ambiguità: la soluzione specifica per questa frontiera non può diventare una porta d’accesso secondaria al mercato interno.

Riguardo la futura relazione con il Regno Unito, vi sono linee rosse non negoziabili: l’integrità del mercato interno, l’autonomia decisionale Ue, lo status di paese terzo a tutti gli effetti. Anche per questa difficile seconda fase, l’unità sarà la nostra arma più preziosa.

Faremo la nostra parte nell’elaborazione dell’Accordo sulle relazioni future che dovrà essere approvato dal Parlamento.

Abbiamo di fronte molte altre sfide prioritarie per i nostri cittadini.

  1. Sicurezza e Difesa

Secondo l’eurobarometro, gli Europei vogliono un’Unione più efficace su difesa e sicurezza. Non possiamo continuare ad affidarci a potenze militari di altri. La nostra sicurezza, il controllo delle frontiere, la gestione dei flussi migratori, la lotta al terrorismo, la stabilità ai confini, dipendono da noi.

Con la Dichiarazione di Roma ci siamo impegnati a rilanciare l’Unione, partendo da una difesa comune. La prima tappa è lo sviluppo di una industria e un mercato europeo che rafforzi economie di scala e interoperabilità.

25 Stati membri hanno appena compiuto un passo storico, avviando una cooperazione permanente in materia militare. Tra gli obiettivi, lo sviluppo di strumenti di difesa europei e operazioni di sicurezza comuni. Nella stessa direzione va il fondo Ue per la difesa in discussione al Parlamento, a sostegno dell’industria del settore.

La nostra industria potrà beneficiare di ricadute positive grazie a progetti di ricerca e sviluppo di prototipi. Un utilizzo più efficiente dei fondi a livello Ue porterà risparmi nazionali. Appalti e standard comuni miglioreranno la nostra capacità di avviare operazioni di sicurezza congiunte.

Il modello da seguire è quello della nostra politica spaziale, dove infrastrutture europee, quali EGNOS, Galileo e Copernico, hanno contribuito alla nostra competitività. In modo analogo, il prossimo bilancio deve investire fondi adeguati in sicurezza e difesa.

  1. Dimensione sociale, educazione e cultura

Globalizzazione e nuove tecnologie preoccupano i cittadini che chiedono un’Unione che non lasci indietro nessuno.

Digitalizzazione, robotica, intelligenza artificiale, stanno trasformando produzione e competenze. I nuovi posti non compensano quelli sostituiti da macchine e tecnologie. Circa la metà delle attività umane può essere sostituita dall’automazione.

L’Ue deve governare la rivoluzione in atto, investendo in formazione. E’ essenziale maggiore dialettica tra università, centri di formazione e industria, affinché l’offerta di competenze sia in linea con l’evoluzione della domanda.

Il nuovo bilancio Ue dovrà prevedere risorse aggiuntive, non solo per l’Erasmus universitario, ma anche per apprendistato e tirocini estesi a chi deve reinserirsi nel mercato del lavoro.

Sono le imprese a creare occupazione, per cui ogni sana politica sociale deve partire dal sostegno all’economia reale.

I nostri imprenditori devono poter investire in Europa senza subire la concorrenza sleale di chi scarica la sua sovraccapacità sui lavoratori europei, con sussidi o vendite sotto costo. Il Parlamento ha preteso che la nuova metodologia anti dumping non aggravasse gli oneri probatori per le PMI e tenesse conto del dumping sociale e ambientale.

La proposta del Parlamento sulla direttiva per i lavoratori distaccati concilia tutela dei lavoratori, competitività e un mercato più equo. Mi auguro si possa trovare al più presto un accordo con il Consiglio.

Per creare nuovi posti, dobbiamo puntare anche su settori ad alta intensità di lavoro e creatività. La nostra storia e cultura millenaria hanno un potenziale per la crescita che dobbiamo ancora sfruttare pienamente.

Penso a turismo, design, digitalizzazione dei siti culturali, alta gamma, artigianato di eccellenza. Non siamo solo il continente con più siti UNESCO; restiamo leader in molti settori delle Industrie Culturali e Creative.

Nella Risoluzione su “Una politica dell’UE coerente per le industrie culturali e creative”, il Parlamento ha chiesto di promuovere un settore che impiega 12 milioni di lavoratori.

Anche in questo settore la rivoluzione digitale offre prospettive inedite, a patto che la politica sappia governarla. Le piattaforme digitali non possono essere legibus solutus. Come le altre imprese, devono essere responsabili, pagare le tasse, garantire trasparenza, tutele sociali, dei minori, della sicurezza, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

Pirateria e contraffazione continuano a crescere, anche grazie al web. Senza tutelare creatività, design, moda, canzoni, film, articoli o libri, diminuiranno gli investimenti, con gravi danni per la competitività europea.

Ancora più dell’economia, a tenere unita l’Europa è la cultura. La consapevolezza della nostra identità è la base per realizzare un’Unione forte e aperta agli altri, in cui la diversità è ricchezza.

L’anno europeo del Patrimonio Culturale, fortemente voluto dal Parlamento, è l’occasione per riscoprire e promuovere questa identità e riavvicinare l’Unione ai suoi popoli.

  1. Immigrazione

I cittadini chiedono di risolvere la crisi migratoria. Non vogliono più assistere a flussi incontrollati, pellegrinaggi di richiedenti asilo, morti in mare o nel deserto, tratta di schiavi.

Andare in ordine sparso sarebbe un grave errore che ci allontanerebbe da soluzioni davvero efficaci. Serve invece una forte strategia europea, un vero coordinamento delle nostre azioni e la messa in comune di più mezzi e risorse.

Da un lato, dobbiamo rafforzare il controllo delle frontiere esterne, respingendo o, rimpatriando con rapidità e fermezza, chi non ha diritto ad entrare; dall’altro, dobbiamo dimostrare solidarietà a chi fugge da guerre e persecuzioni.

L’attuale sistema di asilo, che scarica tutti gli oneri sui paesi di prima accoglienza, non funziona. Il Parlamento ha approvato, a larga maggioranza, la riforma di Dublino con norme più solidali, omogenee ed efficace. Chiediamo che la redistribuzione dei rifugiati avvenga in maniera automatica, sulla base di criteri equi e oggettivi, in linea con lo spirito di solidarietà su cui si fonda da sempre la nostra Unione.

Ora tocca al Consiglio fare al più presto la sua parte. Se è apprezzabile la ricerca di un consenso ampio su un tema così sensibile, non è giusto pretendere l’unanimità a tutti i costi laddove il Trattato prevede la procedura ordinaria della co-decisione a maggioranza qualificata. Così si rischia, non solo di bloccare sine die una decisione fondamentale per i cittadini, ma anche di espropriare il Parlamento dei suoi poteri di co-legislatore. Come Presidente del Parlamento è mio preciso dovere salvaguardare le sue prerogative.

Al vertice di Abidjan, è emersa l’urgenza di lavorare tutti insieme alla stabilizzazione della Libia e alla salvaguardia dei diritti umani. L’Unione africana ci chiede di parlare con una voce sola e di coordinare le nostre azioni.

Dobbiamo investire risorse analoghe a quelle utilizzate per la rotta dei Balcani, per chiudere i corridoi del Mediterraneo centrale. Questi fondi vanno spesi in Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Niger, Ciad o Mali. Devono servire per formare guardie di frontiera e forze di sicurezza, o per centri d’accoglienza sotto l’egida dell’Onu, con protezione umanitaria e gestione delle domande di asilo.

Il problema dei flussi migratori legati a demografia, clima, terrorismo, guerre e povertà, va affrontato alla radice. Dobbiamo dare prospettive ai giovani africani per evitare che a partire non siano più alcune migliaia, ma milioni.

Il piano d’investimenti per l’Africa di 3,4 miliardi che abbiamo approvato a luglio, è un passo nella giusta direzione. Ma servono molti più sforzi per la transizione del continente verso una base industriale, un’agricoltura efficiente, fonti rinnovabili, infrastrutture adeguate.

Ad Abidjan ho proposto che, nel prossimo bilancio, il fondo d’investimenti sia dotato di almeno 40 miliardi. Con l’effetto leva e sinergie con la Banca Europea d’Investimento, si possono mobilizzare circa 500 miliardi, raddoppiando gli investimenti esteri nel continente.

  1. Rafforzare la governance economica

E’ necessario portare a termine l’edificio dell’Unione bancaria e del mercato dei capitali. La riduzione dei rischi deve avvenire in parallelo con la loro condivisone.

Il Parlamento è favorevole alla trasformazione del Meccanismo Europeo di Stabilità in un Fondo Monetario Europeo. Sosteniamo anche l’idea di un Ministro delle Finanze Ue – Vice Presidente della Commissione e Presidente dell’Eurogruppo, che garantirebbe un rapporto fiduciario con il Parlamento attraverso l’audizione e il voto.

Queste riforme non deve essere di facciata ma prevedere veri poteri, un bilancio appropriato e un controllo democratico.

  1. Un bilancio politico

Come ho ribadito all’ultimo Consiglio, concordo con il commissario Stylianides sull’opportunità di sviluppare una vera Protezione civile europea.  Potremmo dotarci di capacità e mezzi in comune per rispondere tempestivamente e, in maniera più efficace, alle richieste di aiuto dei diversi Stati membri e dei nostri vicini. Mostrando ai cittadini il volto più tangibile della solidarietà europea.

E’ un altro esempio di come la messa in comune di risorse in alcuni settori porti a più efficacia e risparmi per tutti gli Stati.

Allo stesso modo, nella difesa, formazione, cultura e immigrazione, servono più risorse comuni. L’Unione deve dotarsi di un bilancio politico che rifletta le priorità dei cittadini. E’ la prima riforma da fare, senza dover neanche cambiare i Trattati.

Non possiamo aumentare il peso su cittadini o PMI, che già pagano troppe tasse. Vanno individuate risorse proprie comunitarie recuperando gettito da chi le tasse non le paga.

Sulla base del Rapporto Monti, il Parlamento sta esaminando una serie di ipotesi. Tra queste, prelievi sulle piattaforme digitali, che risolverebbe il problema del dumping fiscale e della territorialità dei ricavi, e sulle transazioni finanziare a carattere speculativo.

Ritengo indispensabile anche un’azione più coraggiosa contro i paradisi fiscali.

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