«Escludere il commercio ambulante dalla Bolkestein»: va ad alzo zero Felice Maurizio D’Ettore – candidato all’uninominale della Camera dei Deputati per il collegio 7 di Arezzo in rappresentanza della coalizione di centrodestra composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia – che proprio poco fa ha concluso il confronto con i rappresentanti del commercio ambulante organizzato ad Arezzo da Anva Confesercenti.
Per lui la soluzione è radicale: «Non si possono equiparare le concessioni per il commercio su aree pubbliche a quelle per lo sfruttamento di risorse naturali tout court. Né si può discriminare questa attività commerciale rispetto a tutte, e dico tutte, le altre imponendo limitazioni che di fatto confliggono col principio della libertà di impresa». L’unica via? «Escludere il commercio ambulante dalla disciplina e ricondurlo, non foss’altro che per omogeneità, alla normativa sugli altri tipi di attività di vendita, garantendo la continuità delle concessioni».
Di motivi per procedere in questo senso D’Ettore ne individua diversi, e su un punto è chiaro: «La questione va risolta in maniera definitiva cancellando il comma 1181 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018. Altro che proroghe: quelle non fanno altro che rendere la legge precaria, con conseguenze aberranti. Va pertanto cancellato l’errato emendamento presentato in materia dall’onorevole Donati».
Reddito unico, limitazione di fatto a un unico posto di vendita, aggiungendo anche il caos che si è determinato nel settore ai fini delle modalità di assegnazione degli spazi, sono, secondo il candidato del centrodestra ad Arezzo, tra le criticità maggiori: «Il reddito non deve in alcun modo far parte di una disciplina di settore imprenditoriale – argomenta – mentre non si comprende perché il venditore ambulante possa detenere di fatto una sola postazione mentre i punti vendita tradizionali possono tranquillamente articolarsi anche in catene. Sono discriminazioni che non stanno né in cielo né in terra, e penalizzano una realtà, quella di fiere e mercati, talmente caratteristica della nostra identità culturale, economica e di aggregazione sociale da essere considerata anche nella prima stesura della Carta costituzionale. Solo in Toscana si parla di un giro d’affari da oltre un miliardo di euro. Noi vogliamo garantire massima tutela contro ogni dispersione di questo patrimonio economico e a favore della libertà di impresa».
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