«Li abbiamo chiamati eroi in trincea, e proprio come soldati in guerra i sanitari impegnati nei reparti covid sono professionisti altamente esposti oltre che a burnout anche a disturbi post traumatici da stress proprio come i combattenti reduci. Aiutiamoli con unità di supporto psicologico ad hoc da mettere loro a disposizione in ogni ospedale con reparti covid con due obiettivi: salvaguardia proattiva del benessere di chi ci cura e studio scientifico d’impatto per questo nuovo stress lavoro-correlato»: l’idea è del Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti che alla Regione chiede di emanare linee guida in questo senso dirette ad Asl e aziende ospedaliero-universitarie.
«Il fenomeno covid è nuovo per tutti e questa nuova fase in cui i contagi paiono dare respiro – spiega Marchetti – è il momento giusto per tendere una rete anticaduta per tutti i sanitari che hanno passato settimane e mesi bardati in armature bianche anticontagio a combattere in reparti trincea per turni lunghissimi spesso affrontati senza sosta e coi pannoloni per non dover affrontare la svestizione andando in bagno. Questi professionisti che sono medici, infermieri, oss… tutti questi che abbiamo chiamato eroi si sono visti scivolare via di tra le dita una quantità di vite ben oltre la solita media, vedendo spesso sconfitto il loro impegno totale».
«In questa condizione gli appellativi onorifici non bastano. E’ stato promesso loro un contributo stipendiale che in realtà molti lamentano di non avere ancora ricevuto, ma anche questo non basta. E’ il momento del sostegno alla salute. Già i lavori di assistenza e cura portano con sé il rischio burnout. Oggi però – prosegue Marchetti – i sanitari che hanno lottato nei reparti covid rischiano di sviluppare disturbi post traumatici da stress dai quali vanno protetti».
«Unità di supporto psicologico per loro in ogni ospedale, magari con la somministrazione a livello volontario della testica dedicata clinicamente disponibile – ipotizza Marchetti – porterebbe molti benefici. Il primo diretto, a livello di benessere dei lavoratori. Il secondo scientifico, perché se si arrivasse a formare con i volontari un campione significativo si potrebbe elaborare uno studio d’impatto, forse il primo, del covid sugli operatori sanitari a livello di stress lavoro correlato come tipologia e incidenza di eventuali disturbi. Il terzo è preventivo: chi dovesse sottoporsi ai test come volontario potrebbe avvantaggiarsi magari di una diagnosi precoce di disturbi da stress che magari non sono autopercepiti, ma possono emergere dallo screening e dai colloqui di valutazione psicologici. Chi ci cura ci ha salvato e ci salverà. A loro devono andare sostegno, attenzione e salvaguardia concreti».
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