«Un tavolo di crisi su 7 tra quelli aperti al Ministero per lo sviluppo economico, ovvero il 13,19 per cento con 19 vertenze sulle 144 nazionali, è toscano: si tratta di numeri choc, le cifre di un disastro economico-sociale la cui responsabilità politica è tutta sulle spalle della sinistra che finora ha ininterrottamente governato la Toscana e che con le sue politiche, tra burocrazia e opere non fatte, fa morire o fuggire le imprese»: l’attacco a alzo zero arriva dal Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti che, alla vigilia della seduta di Consiglio regionale in cui è calendarizzata la comunicazione di giunta sulle crisi industriali in Toscana, ha incrociato i dati lì contenuti con quelli sulla situazione italiana esposti alla Camera dei deputati il 18 luglio scorso dal Ministro per il lavoro Luigi Di Maio.
«Nell’informativa ministeriale si dava conto di 144 tavoli di crisi aperti attualmente al Mise. La comunicazione della giunta toscana ci dice che ben 48 di questi sono invece quelli aperti in Toscana e tra questi 19 anche di livello nazionale. Non solo: vi si legge che dal 2015 a ora le vertenze gestite dalla giunta sono state addirittura 140, ovvero l’equivalente di ciò che si verifica in tutta la nostra penisola. Sono sbigottito», scuote il capo Marchetti.
«Certo – prosegue nella sua disamina – si tratta di una platea di occupati molto inferiore a quella nazionale, con 7.400 addetti coinvolti nelle 48 vertenze toscane aperte a fronte dei 189mila lavoratori a rischio occupazione a livello nazionale. Questo è però naturale se si pensa che sullo scenario italiano pesano situazioni come Ilva, mentre il tessuto produttivo toscano è prevalentemente composto da medie, piccole e piccolissime imprese. Ciò non diminuisce la gravità di dati che plasticamente dimostrano quanto abbiamo sempre detto, finora in assenza di raffronto: burocrazie e opere non fatte, infrastrutture materiali e immateriali arretrate, difficoltà di accesso al credito, un sistema di smaltimento degli scarti di produzione obsoleto e attualmente incerto accelerano la mortalità delle nostre imprese o fanno fuggire quelle più grandi che magari possono delocalizzare, come accaduto per il polo valdarnese della Bekaert».
«Nel giugno 2015 Rossi si è insediato affermando che avrebbe fatto del tema del lavoro la stella polare delle sue politiche: o abbiamo frainteso in quale direzione intendesse dando per scontato che mirasse a un incremento dei bene occupati – afferma sarcastico Marchetti – o dobbiamo dire che sarebbe stato meglio evitasse, visti i risultati. Col suo lessico veterocomunista Rossi attacca l’opera dello scomparso ex ad di Fca Sergio Marchionne, ma intanto qui le aziende che non muoiono fuggono da un territorio colpevolmente imbrigliato nei lacci d’apparato, lasciato indietro quanto a ammodernamento e mai reso attrattivo per gli investitori e le imprese. Se la Toscana ha potuto in passato pensar di galleggiare sulla rendita del suo valore intrinseco, oggi non può più: la sinistra ha dissipato anche quello».
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