Dopo automobilisti, demanio, coltivatori, allevatori, ora anche i cacciatori sono devastati da cinghiali e altri ungulati. Motivo? «Agli Ambiti territoriali di caccia, ovvero gli Atc, sono demandate le funzioni risarcitorie per i danni causati alle produzioni agricole della fauna selvatica, ungulati in particolare. Ma così si decreta la fine del popolo delle doppiette. Che dalla sinistra una simile volontà sottesa ci si possa pure aspettare, ok; ciò non significa che sia giusto»: a parlare così è il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti che sul tema, sentita una delegazione di cacciatori esasperati, ha presentato un’interrogazione alla giunta regionale in cui tra le altre cose si chiede «se per i danni provocati all’agricoltura si sia pensato di istituire un sistema di polizze assicurative» e l’attivazione del fondo regionale di indennizzo «alimentato anche grazie a stanziamento pubblico così come sarebbe previsto dall’attuale Legge Nazionale 157/92 sulla caccia» e presente nella legge 3 del 1994. Inoltre, si punta a restituire agli Atc la «funzione di prevenzione e controllo del danno, applicando in definitiva l’articolo 37, ricordando che i pareri Ispra sono obbligatori ma non vincolanti» e che possono essere vicariati da quelli di organismi scientifici accreditati.
Perché, ricorda Marchetti: «Si caccia per passione, mica per obbligo. Non è che si possa condannare per legge chi pratica l’attività venatoria ad abbattere compulsivamente ungulati su ungulati perché la Regione non ha fino a poco tempo fa mai pensato a piani di contenimento della fauna selvatica, e in particolare di certe specie. La legge Remaschi del 2016, oltre a non contenere alcunché, men che meno gli ungulati, ha innescato frizioni tra comunità, quella degli imprenditori agricoli e quella dei cacciatori, che avrebbero come interesse in comune la tutela di ambiente e territorio. Così invece diventa una rincorsa tra chi legittimamente vuol proteggere le proprie uve o le proprie colture di cereali, per esempio, e chi non può mollare baracca e burattini mettendo in pausa la propria quotidianità per andare ad abbattere cinghiali, caprioli, daini e altre specie ungulate, ovvero provviste di quella unica grande unghia che forma il loro caratteristico zoccolo».
L’interrogazione di Marchetti si concentra poi sull’esigenza di un maggiore coinvolgimento della comunità venatoria e delle sue rappresentanze tanto nei processi decisionali quanto in quelli di raccolta ed elaborazione dati: «Qual è – domanda Marchetti – la fonte dei dati con i quali sono stati elaborati grafici e presentati i risultati nella relazione» sullo stato di attuazione della legge Remaschi «soprattutto relativamente a: consistenza delle popolazioni dei capi ungulati, consistenza degli abbattimenti per specie, danni all’agricoltura»? «E perché mancano alcuni dati relativi al 2017»?
Insomma, i cacciatori aguzzano i mirini e vogliono vederci chiaro. Marchetti dà loro voce. Alla Regione l’onere di rispondere in forma scritta entro 60 giorni.
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