«Sono balzate dalle 281 del 2014 alle 566 del 2018 le predazioni da lupo denunciate dagli allevatori toscani. Aumentano anche le aziende colpite, passate da 155 a 225. L’erogazione degli indennizzi procede invece con fatica, dal momento che neppure le richieste 2014 risultano ad oggi ancora del tutto liquidate e che complessivamente le erogazioni ancora da effettuare per gli indennizzi ammontano a 303.351,48 euro fino al 2017, poiché le richieste danni del 2018 pari a 466.468 euro sono ancora in fase istruttoria»: lo riassume il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti ricostruendo il quadro delle predazioni da lupo in Toscana secondo i dati fornitigli dalla giunta regionale in risposta a una sua interrogazione specifica sulla materia.
«La valutazione sulle politiche regionali di contrasto e contenimento del fenomeno? In estrema sintesi – afferma Marchetti – non può essere che male, poco, lento». La versione meno breve eccola qui: «Male perché i fenomeni sono in aumento. La Toscana invoca un piano lupo, ma quest’ultimo è specie protetta. La quota di abbattimenti autorizzabile non potrebbe superare il 5%. Su un totale di 600 lupi censiti in Toscana, non mi pare un intervento capace di incidere in maniera determinante. Potrebbe incidere invece eccome un’azione mirata sugli ibridi, censiti sempre in numero di 600 esemplari e trattabili sotto il profilo giuridico come cani randagi, dunque catturabili e sterilizzabili. Con un piano adeguato, si potrebbero sottrarre rapidamente dal territorio 600 predatori».
Ancora: «Poco perché, appunto, questo non lo si è fatto. Così come ancora debbo con rammarico evincere dalla risposta di giunta che si è ben lungi dall’arrivare a definizione del Piano faunistico venatorio, del quale sono ancora in fase di stesura gli indirizzi che “costituiranno la base su cui avviare l’iter preparatorio delle successive fasi di concertazione”. Poco».
Infine: «Lento. Lento perché il Piano faunistico venatorio serve ed è in netto ritardo, ma nel frattempo non si è voluto puntare sugli incentivi alle misure preventive. Le quali certo possono non essere sufficienti, in alcuni territori maggiormente esposti come risultano quelli delle province di Grosseto in particolare, ma anche di Siena. Ma sono pur qualcosa di diverso e più strategico dei semplici indennizzi che comunque arrivano dopo che l’evento predatorio ha interrotto l’efficacia del lavoro dell’allevatore e vengono erogati con lentezza dovuta a mille burocrazie che costringono il danneggiato a un iter estenuante. Sono pronto a scommettere che gli eventi denunciati siano numericamente inferiori a quelli che si sono effettivamente verificati. Ma qui siamo nel regno del ‘se’. I dati, intanto, parlano chiaramente di un fallimento delle politiche regionali di settore e di contrasto e contenimento del fenomeno».
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