Dopo le polemiche sulla mozione-Mussolini, il grande classico: quelle sulla mozione-crocifisso. Gesù sì, Gesù no. A proporre di installarlo nella sala consiliare di Pisa formalmente la consigliera forzista Virginia Mancini, nella sostanza Raffaella Bonsangue, coordinatrice provinciale azzurra. Le motivazioni, un evergreen del centrodestra: è un «simbolo universale dei valori di libertà, uguaglianza, tolleranza e rispetto per la persona, segno fondamentale di storia, tradizione e cultura del nostro Paese», ha detto la leader pisana dei berlusconiani mugugnando per «l’impostazione vetero-illuminista» della Costituzione europea e il suo «silenzio assordante» sulle radici giudaico-cristiane del vecchio continente. Con la sinistra e Mdp già pronti ad alzare un muro, a sorpresa anche i cattolici del Pd si preparano a bocciare la mozione-crocifisso. Almeno a giudicare dalla reazione di Francesca Del Corso, «sposata, quattro figli – precisa – membro del Gruppo d’impegno ecumenico di Pisa e da decenni impegnata nel dialogo interreligioso». La consigliera cattodem sa che non c’è una legge che lo vieti. In fondo Pisa non sarebbe la prima città ad averlo. Il crocifisso campeggia nel parlamentino cittadino di Lucca da anni, e a Grosseto e ad Arezzo è arrivato con le ultime giunte di centrodestra, nella città di Fanfani addirittura su iniziativa dei leghisti.
«Ma per me il crocifisso è un simbolo religioso e come tale sta bene esposto in luoghi idonei alla religione. Quindi non in una sala municipale – dice Del Corso – Forza Italia lo vede come un simbolo laico di valori culturali e non religiosi. Questa è una “bestemmia laica”, una strumentalizzazione. Lecita, ma una bestemmia per un credente cattolico che mai e poi mai vorrebbe veder ridotta la croce a simbolo culturale. Ancora più aberrante considerarlo come un amuleto o un “marcatore di territorio”». E a Bonsangue, che cita la «difesa contro la disgregazione valoriale del mondo occidentale», Del Corso ribatte dicendo che «sarebbe utile avere nel mondo testimoni del Cristo che vivano la loro fede nella concretezza della vita quotidiana». Come dire: se siete cristiani, fateli, non dite di esserlo. E mentre Valeria Antoni del M5s e Simonetta Ghezzani di Sinistra italiana sono sulla stessa lunghezza d’onda («No, l’Italia è laica, affiggere un emblema identificativo di una comunità significa escludere le altre, meglio la foto del presidente della Repubblica», dicono entrambe), Maurizio Nerini di NoiAdessoPisa (Fdi) si inalbera: «Voterò sì ma è una discussione perfettamente inutile, nella sala Regia la croce c’è già, basta alzare gli occhi, è sul soffitto e bella grande». E a chi obietta che quella però è la croce pisana, simbolo della Repubblica marinara, il consigliere di destra risponde: «Appunto, i pisani sono stati i primi ad entrare a Gerusalemme, e quella è una delle prime iconografie di Pisa».
Insomma, le Crociate e l’espansionismo della Chiesa imperialista, ecco cosa significa per Nerini il crocifisso. «Oddio, ora pure il crocifisso – dice il capogruppo dem Ferdinando De Negri, provato dalla maratona notturana della mozione-Mussolini – Non ne abbiamo ancora discusso. Non nego possa essere anche una testimonianza della nostra cultura, ma sono perplesso. In una società multiculturale potrebbe anche rappresentare una barriera all’integrazione». Ma del crocifisso si ridiscute in settimana. In calendario c’è la mozione-urgenza-crocifisso. In pratica si vota sull’opportunità
di accorciare l’iter e portare in aula la proposta giovedì. Ma il Pd è già determinato a farla slittare. Se ne riparla a settembre-ottobre. Con buona pace di chi sta tentando in tutti i modi di aprire la campagna elettorale su tutti i fronti.
Leave a comment