“La fake news odierna è che il mercato del lavoro italiano stia in buona salute. Una evidente lettura distorta del dato dell’Istat diffuso oggi da apprendisti stregoni diventati economisti dell’ultima ora che confondono il dato congiunturale con quello tendenziale e che non sanno leggere le dinamiche del mercato del lavoro.
La realtà è che dall’estate la creazione di occupazione nel suo aggregato è sostanzialmente ferma nonostante ogni giorno il Governo ci dica che l’economia sta crescendo, anzi accelerando. Quel poco di occupazione in più che c’è è il frutto della crescita del lavoro a tempo determinato mentre diminuiscono i contratti a tempo indeterminato e crolla il lavoro indipendente. E questo nonostante il Governo ci esalti ogni giorno le virtù del Jobs Act che doveva aumentare il lavoro a tempo indeterminato.
La disoccupazione è sostanzialmente stabile sopra all’11 per cento – e i previsori la prevedono a questo livello anche per i prossimi mesi- mentre in Europa raggiunge i minimi storici con una differenza che si ampia dunque tra noi e il resto dei paesi europei. E poco dovrebbe farci felici il calo, neanche una frazione di punto, della disoccupazione giovanile perché mentre noi siamo al 34,7 per cento, il terzo più alto in Europa, nell’Unione Europea è pari al 16,5 per cento: meno della metà.
Si conferma la grave situazione in cui versano tutte le classi di età, fatta eccezione per gli ultra cinquantenni, dove i posti di lavoro in più sono effetto delle manovre sulle pensioni piuttosto che delle politiche del lavoro. Ed emerge chiaramente il fallimento del Governo Renzi-Gentiloni con i suoi bonus e con norme confuse e contraddittorie.
Non saranno i prossimi bonus della legge di bilancio che cambieranno il volto del mercato del lavoro italiano, una ennesima illusione per giovani e meno giovani alla ricerca di lavoro e di lavoro di qualità.
E’ necessaria invece una nuova strategia, una legge Biagi 4.0, fatta di meno regole, più certezze, più contratti per accedere al mercato del lavoro, stretta cooperazione tra pubblico e privato per incrociare domanda e offerta, una riduzione strutturale del costo del lavoro, una maggiore attenzione alla formazione e alle competenze, una più facile transizione tra scuola e lavoro”.
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