«Prima di ipotizzare nuovi impianti di cremazione a Lucca, si attenda la programmazione complessiva che la Regione non ha ancora prodotto, ovvero il Piano di coordinamento di settore a cui è tenuta per legge. E’ quel che ho chiesto con una mozione di alcune settimane fa, ed è la nostra posizione. Per Lucca in particolare, poi, c’è la questione dell’impatto: pensare a un tempio crematorio in assenza di studi non è fare il bene di un territorio che certo non brilla per qualità dell’aria e che anzi non ha proprio bisogno di nuove emissioni»: a tirare la leva del freno a mano è il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti insieme con i Consiglieri comunali azzurri a Lucca Marco Martinelli (capogruppo) e Simona Testaferrata che infatti martedì sera, mentre la maggioranza dell’assemblea cittadina approvava l’atto di indirizzo che di fatto apre la via alla realizzazione di un impianto a Lucca, sono usciti dall’aula.
«La legge nazionale 130/2001, all’articolo 6 comma 1, attribuisce alle Regioni il compito di elaborare Piani di coordinamento per la realizzazione di crematori entro 6 mesi dalla sua entrata in vigore. Ripeto: si parla del 2001. La Regione Toscana – osserva Marchetti – non ha ancora ottemperato. Già a pochi giorni dal mio insediamento ho presentato su questo una mozione per impegnare la giunta a dotarsi di questo strumento entro il 2018 e a sospendere nel frattempo ogni iter autorizzativo in attesa di una cornice che assicuri coerenza al settore anche in una eventuale prospettiva espansiva». E’ la stessa posizione su cui convergono Martinelli e Testaferrata.
Del resto, osserva Forza Italia «la domanda di cremazione delle salme aumenta ed è naturale che l’offerta tenda a volersi allineare, da un lato con Comuni sempre a caccia di nuove risorse tentati dal business del caro estinto, come evidentemente accade con l’amministrazione Tambellini, dall’altro con le legittime aspirazioni di un segmento industriale che punta a intercettare una domanda crescente con maggiore offerta di impianti. Ma non così. Non in ordine sparso, con un fai-da-te che rischia di generare confusione e sovrapposizioni per colpa delle inadempienze della Regione che non ha mai steso il Piano regionale di coordinamento di settore previsto dalla legge. Altrimenti diventa un business del dolore, e questo è inaccettabile».
Certo che, ricorda Marchetti, Comuni in prima fila su questa pratica già ci sono anche in Toscana. E’ il caso di Livorno: «La città lì è dotata di impianto crematorio e il sindaco del Movimento 5 Stelle Filippo Nogarin, con la delibera 199 dello scorso aprile, ha alzato la tariffa di cremazione da 15 a 100 euro per le salme in arrivo da fuori provincia. Notevole. E non vorremmo che certe posizioni lucchesi di oggi fossero tese ad evitare la concorrenza dal momento che, secondo l’ultima rilevazione della Servizi Funerari Pubblici Italiani (Sefit) datata 2016, attualmente proprio sulla Livorno che alza le tariffe si concentra la maggior parte dei cremati con 4.719 nel 2016, anche se la Toscana può contare anche su impianti ad Arezzo, Firenze e Bagno a Ripoli, Pistoia, Pisa e Siena. Ma questo è un altro paio di maniche».
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