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PISTOIA: C’è un superbatterio in corsia? Marchetti (FI): «Sgombrare il campo dai dubbi sulla presenza dell’agente infettivo Kpc»

«La Regione sgombri il campo dai dubbi circa la presenza nell’area medica dell’ospedale San Jacopo a Pistoia del batterio Klebsiella, dal momento che i pazienti sono stati sottoposti a tampone rettale»: è in sostanza questo ciò che il Capogruppo di Forza Italia Maurizio Marchetti chiede nella sua interrogazione presentata a seguito di notizie di stampa sul sospetto che il superbatterio Gram-negativo Klebsiella (Kpc) tra i più resistenti a terapia antibiotica si aggiri tra i letti del reparto di medicina del nosocomio pistoiese.

Vettore? «Si tratterebbe, secondo quanto ricostruito dalla stampa sentendo la Asl Centro, di un paziente ritenuto portatore. Tuttavia – spiega Marchetti – ai ricoverati sottoposti a tampone nulla sarebbe stato detto di preciso, e così desumo che plausibilmente neppure i loro familiari siano stati messi in condizione di proteggersi da questo agente patogeno ad alta trasmissibilità. No, voglio vederci chiaro. Ecco perché ho interrogato la giunta regionale».

Richiamati i fatti, con l’effettuazione l’altro ieri del tampone e le spiegazioni sommarie della Asl, Marchetti ricorda come il batterio in questione, il Kpc con le sue molteplici varianti, abbia «in tempi recenti particolare diffusione anche in ambiente ospedaliero e manifesti resistenza alle terapie antibiotiche». Per questo, richiama Marchetti, «in ambiente ospedaliero, il soggetto ritenuto portatore dell’agente patogeno Klebsiella viene di norma tenuto in isolamento onde evitare la trasmissione agli altri ricoverati».

Ebbene: è stato fatto? E’ ciò che nel dettaglio chiede Forza Italia, con Marchetti che domanda alla giunta toscana di scrivere nero su bianco «quali protocolli siano stati attivati e quali misure precauzionali e di contenimento del contagio siano state adottate rispetto all’eventuale presenza di batterio Klebsiella (Kpc), a tutela degli altri ricoverati, dei loro familiari e del personale», «se ai pazienti sottoposti a tampone rettale e ai loro familiari sia stata fornita adeguata informazione circa la sospetta presenza del batterio Klebsiella (Kpc) e sulle modalità di protezione rispetto al contagio» e, più in generale, «se non si ritenga doveroso informare i pazienti ricoverati circa le motivazioni per le quali vengono sottoposti a indagini diagnostiche straordinarie».

 

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